La cosiddetta sindrome dell’abbandono non è una diagnosi clinica formale, ma un’espressione ampiamente utilizzata in ambito psicologico per descrivere un insieme di vissuti emotivi, schemi relazionali e modalità di funzionamento che ruotano attorno a una paura profonda: essere lasciati, dimenticati o non scelti.
Chi ne soffre spesso non vive solo la possibilità della perdita, ma la percepisce come inevitabile, anche in assenza di segnali reali. Questo timore può influenzare in modo significativo relazioni affettive, amicizie, lavoro e immagine di sé.
Comprendere la sindrome dell’abbandono significa andare oltre le etichette e osservare come le esperienze relazionali precoci, i modelli interni e i contesti attuali si intrecciano nel presente della persona.
Cosa si intende per sindrome dell’abbandono
Con il termine sindrome dell’abbandono si fa riferimento a un pattern emotivo-relazionale caratterizzato da:
- paura intensa di essere rifiutati o lasciati
- ipersensibilità ai segnali di distanza
- bisogno costante di conferme
- difficoltà a tollerare separazioni, silenzi o cambiamenti
- oscillazione tra iper-coinvolgimento e ritiro difensivo
Non si tratta semplicemente di “insicurezza”, ma di un’esperienza interna spesso radicata, che può attivarsi automaticamente e condizionare comportamenti e scelte.
Le origini: il punto di vista psicodinamico
Dal modello psicodinamico, la sindrome dell’abbandono viene letta come l’esito di esperienze precoci in cui la figura di accudimento è stata percepita come:
- emotivamente assente
- imprevedibile
- incoerente
- o vissuta come non disponibile nei momenti di bisogno
Il bambino interiorizza così un conflitto profondo: “Ho bisogno dell’altro, ma l’altro potrebbe non esserci”.
Nel tempo, questa esperienza può trasformarsi in una rappresentazione interna stabile, che influenza le relazioni adulte.
In età adulta, la paura dell’abbandono non riguarda solo la perdita reale, ma il riattivarsi di vissuti antichi, spesso inconsapevoli, legati alla dipendenza affettiva e alla paura di non essere amabili.
La teoria dell’attaccamento: modelli relazionali che si ripetono
La teoria dell’attaccamento (Bowlby, Ainsworth) offre una chiave di lettura centrale.
Le persone con uno stile di attaccamento insicuro-ansioso tendono a:
- percepire l’altro come instabile
- vivere l’intimità con forte attivazione emotiva
- temere costantemente la separazione
- interpretare segnali neutri come rifiuto
In questi casi, la sindrome dell’abbandono non è un difetto individuale, ma il risultato di strategie di sopravvivenza emotiva apprese precocemente e ancora attive.
La prospettiva sistemico-relazionale
Dal punto di vista sistemico-relazionale, la paura dell’abbandono viene osservata all’interno delle dinamiche familiari e dei ruoli relazionali.
In alcune famiglie, ad esempio, il legame affettivo è stato mantenuto attraverso:
- lealtà invisibili
- ruoli di accudimento precoce
- inversioni di ruolo
- messaggi impliciti come “se ti allontani, mi perdi”
In questi contesti, la separazione può essere vissuta come una colpa, più che come un processo naturale.
Da adulti, questo può tradursi in difficoltà a porre confini o a tollerare l’autonomia dell’altro.
Il contributo cognitivo-costruttivista
Secondo il modello cognitivo-costruttivista, la sindrome dell’abbandono è sostenuta da schemi di significato profondi, come:
- “Non sono abbastanza”
- “Prima o poi mi lasceranno”
- “Devo fare di tutto per non essere rifiutato”
Questi schemi filtrano l’esperienza, orientando l’attenzione verso segnali di pericolo e rinforzando circoli viziosi di conferma.
Non è l’evento in sé a generare sofferenza, ma il significato attribuito all’evento.
La Gestalt: il tema del contatto e della perdita
Nella Gestalt therapy, la sindrome dell’abbandono può essere letta come una difficoltà nel ciclo del contatto: la persona fatica a vivere separazioni e frustrazioni senza percepirle come annientanti.
Il focus non è solo sul passato, ma su come il vissuto di abbandono viene riattivato nel qui-e-ora, nel corpo, nelle emozioni, nella relazione con l’altro.
Come si manifesta nelle relazioni adulte
La sindrome dell’abbandono può esprimersi in modi diversi:
- gelosia intensa
- controllo o richieste eccessive
- paura del silenzio o della distanza
- difficoltà a chiudere relazioni disfunzionali
- autosvalutazione quando l’altro si allontana
Paradossalmente, il tentativo di evitare l’abbandono può talvolta contribuire a crearlo.
La paura dell’abbandono non si elimina con la forza di volontà, ma può essere compresa, elaborata e trasformata attraverso un percorso psicologico.
La terapia offre uno spazio in cui:
- riconoscere i propri schemi relazionali
- dare senso alle esperienze passate
- costruire nuove modalità di stare in relazione
- sviluppare una base di sicurezza interna
Non si tratta di “diventare indipendenti a tutti i costi”, ma di imparare a stare in relazione senza perdersi.
Conclusione
La sindrome dell’abbandono non definisce chi sei.
Racconta piuttosto come hai imparato a proteggerti nelle relazioni.
Comprenderla è il primo passo per non lasciare che continui a guidare le tue scelte in modo automatico.
Nota finale
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